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Alcune opere di Mènec da Azzano:
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..L'Arte è un dono che Dio mi ha fatto,
che io ho deciso di ascoltare,
è una vocazione che sgorga inesorabile
e che non riesco e non voglio placare..
(Domenico Buraschi)
Giovanni Domenico Buraschi, per gli amici Mènec da Azzano, è originario di Azzano Mella (BS). Oltre ad essere frequentatore delle varie
manifestazioni organizzate dal Circolo Culturale Don E.Verzeletti di San Paolo, ha dato anche il suo contributo all'associazione
insegnando agli allievi della Scuola di Scultura, le tecniche da lui apprese sotto la guida del maestro Olves Di Prata.
Generoso e affabile, contraddistinto dalla sua grande umiltà e umanità, da qualche tempo va predicando, sempre più convinto, che l'Arte
deve essere fatta conoscere e insegnata così da diventare dominio dei giovani, i quali fin da piccoli la devono apprezzare e amare.
Molto conosciuto e apprezzato in tutta la provincia, si dedica sia alla scultura che al disegno e al carboncino.
E' morto nel settembre del 2012.
(da Luciano Piovani, Vent'anni con l'Arte, Goccia dopo goccia.. vol. 6, edito dal Circolo Culturale Don E.Verzeletti, dicembre 2008)
Dicono di lui:
Domenico Buraschi, cioè Mènec de Azà, è artista e personaggio insieme: autentico il primo, vero il secondo perchè nulla
è artificioso e costruito in quest'uomo singolare per natura e signore per scelta, indipendentemente dall'avere.
Cresciuto alla scuola del maestro Olves Di Prata, scultore stimato anche senza i clamori della notorietà mediatica,
è anch'egli scultore di non facile lettura.
C'è qualcosa di profondo, di sofferto nelle sue terrecotte, ora rosate, ora brunite a richiamare i riflessi complici del bronzo. Trattasi,
per lo più, di figure slanciate, costruite secondo linee avvolgenti, curve. Donne eleganti nel portamento ma scavate nell'animo tanto
che piccole voragini le dilaniano ora all'altezza del cuore, ora in corrispondenza delle viscere.
Luoghi del sentire trafitti dal male del vivere, dal male in sè. Anche i gruppi seguono questa logica fino a presentare armoniche,
ma non leziose, composizioni; icone della famiglia, quella avuta, quella sognata, forse.
La compostezza rimanda al desiderio della quiete, dell'armonia, degli affetti solidi. Ma le frastagliature che segano i personaggi
che compongono i nuclei sono le tracce delle infinite fragilità e delle incertezze, dei tradimenti e dei ritorni.
E' una pietas virile che riconsegna unità, la stessa che prende sostanza, da ectoplasma ad entità, emandandosi dagli sguardi dolci
e suadenti, seppur solo accennati, in ovali dal tracciato sicuro privo di ripensamento.
Così è anche nei carboncini, nelle sanguigne in cui si intravede, grazie alla gestualità ampia e veloce che sottostà,
un'umanità dolente ma non piegata.
Atmosfere della Bassa Bresciana, partorite magari dal Castello di Padernello ed una vagante Dama Bianca che non sa se trovare
lì definitiva dimora, s'accompagnano, intanto, all'arte grafica di Mènec arricchendola ulteriormente di magie e di protagonisti..
(Prof. Agostino Garda )
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